"VORREMMO AVERE LA STESSA FORZA CHE HANNO AVUTO I DEPORTATI". Questo è il titolo del bel testo scritto da 4 ragazzi borghigiani che hanno visitato Auschwitz
Quattro ragazzi della Scuola secondaria di primo grado "Papa Giovanni XXIII" di Borgo a Mozzano hanno avuto l'opportunità di partecipare al "VIAGGIO DELLA MEMORIA 2016".
Al loro rientro hanno scritto un bel testo che è stato pubblicato, proprio nel "Giorno della Memoria", sul sito del Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini.
Gli studenti sono Nello Benassi, Laura Lotti, Sofia Morotti e Silvia Picchi, alunni di 13 anni, della classe III sez. C.
Il viaggio li ha condotti a Cracovia, Auschwitz e Birkenau. Gli studenti erano accompagnati dalla Professoressa ALESSIA MILANI COMPARETTI, insegnante di lettere.
Ecco il testo scritto dai ragazzi della scuola media:
Al loro rientro hanno scritto un bel testo che è stato pubblicato, proprio nel "Giorno della Memoria", sul sito del Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini.
Gli studenti sono Nello Benassi, Laura Lotti, Sofia Morotti e Silvia Picchi, alunni di 13 anni, della classe III sez. C.
Il viaggio li ha condotti a Cracovia, Auschwitz e Birkenau. Gli studenti erano accompagnati dalla Professoressa ALESSIA MILANI COMPARETTI, insegnante di lettere.
Ecco il testo scritto dai ragazzi della scuola media:
VORREMMO AVERE LA STESSA FORZA CHE HANNO AVUTO I DEPORTATI
Ci siamo trovati lì, davanti a quell’ingresso di Birkenau.
Qui milioni di persone innocenti hanno iniziato un personale tragitto verso la prigionia e la morte, anche se ignari di tutto. Abbiamo camminato nella neve, su un terreno che rimarrà per sempre impregnato di sofferenza, respirando un’aria che porterà con sé il ricordo dell’Olocausto che vi si è consumato. Ci siamo immaginati di muoverci con loro, di soffrire come loro, di cogliere i loro sguardi fugaci e tristi, di udire le urla dei tedeschi arrabbiati.
Passavano davanti a un medico che decideva il destino di ognuno: destra o sinistra; destra per salvarsi, sinistra per le camere a gas. Erano divisi per sesso, rasati e spogliati di tutto, compresa la dignità; sul braccio tatuato un numero che sostituiva il nome e tutta la storia che vi era dietro. I nostri abiti erano adatti a quel clima rigido, ma i loro? Avevano un pigiama a righe bianche e blu e un paio di scomodi zoccoli di legno.
Quelli della fila a destra venivano portati alla baracca che era stata loro assegnata e da quel momento i loro sensi si oscuravano: gli unici rumori erano pieni di tristezza e i colori offuscati dalla stanchezza e dal dolore. Le regole erano rigide: sveglia all’alba, dodici ore di lavoro, tempi limitati per il bagno e solo una misera fetta di pane al giorno di 125gr ed un litro di acqua sporca che i tedeschi avevano il coraggio di chiamare “zuppa”.
Abbiamo visitato i dormitori composti da diverse file di letti a castello in legno, dove venivano accumulate da 700 a 1500 persone, dove le stufe erano solo due e senza carbone e le infezioni comuni e le morti all’ordine del giorno a causa delle condizioni igieniche inesistenti.
Quelli della fila a sinistra, invece, venivano guidati direttamente alla morte tramite le camere a gas. Veniva dato l’ordine di spogliarsi e poi, credendo di andare a fare una semplice doccia, venivano spinti con la forza dentro stanze sotterranee e soffocati con gas velenosi. Ma la cosa più sconvolgente era che gli stessi ebrei erano costretti a compiere questi massacri e che il problema dei nazisti non era uccidere, ma disfarsi dei cadaveri. I corpi erano caricati su carrelli e spinti direttamente nei forni crematori: un corpo bruciava, i tedeschi non sentivano di avere la coscienza sporca e un odore acre riempiva l’aria del campo.
Essere lì, vedere dal vivo quel luogo, sentire le commoventi testimonianze di Sami Modiano (internato il 16 agosto 1944, a 13 anni) e Tatiana e Andra Bucci (internate il 4 aprile 1944, rispettivamente a 6 e 4 anni), non è come vederlo attraverso uno schermo. Sami è entrato accompagnato da una sorella e un padre ed è uscito da solo, pesava 70 chilogrammi, dopo 27. Le sorelle si sono salvate perché scambiate per gemelle da un medico orribile che effettuò numerosi esperimenti in quel periodo.
Noi ragazzi abbiamo percepito il dolore che tutte quelle persone hanno dovuto affrontare perdendo la famiglia, l’identità, la dignità e la libertà; abbiamo capito che probabilmente noi non ce l’avremmo fatta al posto loro e infatti molti sceglievano la strada del suicidio. Bisogna conoscere questo passato tremendo per fare in modo che nulla del genere possa mai più succedere.
Vogliamo provare a vivere con la stessa forza degli ebrei e di tutti i deportati nei campi di concentramento, ma anche con la loro stessa speranza in un giorno migliore per tutti.
Pubblicato il 27 Gennaio 2016
Pubblicato il 27 Gennaio 2016