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30 anni fa, il 17 dicembre 1994, moriva Suor Ancilla, una santa suora borghigiana
Il 17 dicembre 2024 ricorre il trentesimo anniversario della morte di Suor Ancilla.Suor Ancilla Maria della Croce, al secolo Dora Motroni, ha vissuto i primi anni da suora camelitana scalza nel Convento di S. Teresa di Borgo a Mozzano e poi, dal 1947, nel Monastero "Regina Carmeli" di Lucca (Monte San Quirico). Per molti borghigiani e per molti fedeli, nella sua vita, Suor Ancilla è stato un grande punto di riferimento.
In suo ricordo, nel 2015, la Misericordia di Borgo a Mozzano ha pubblicato un libro dal titolo: UN RICORDO DI SUOR ANCILLA MARIA DELLA CROCE a 100 anni dalla sua nascita - 29 aprile 2015 - 29 aprile 2015.
Cliccando qui sotto potrai leggere un poco della storia di questa suora eccezionale, che io ho conosciuto e apprezzato.
Gabriele Brunini
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MARIA LUISA DI BORBONE, LA DUCHESSA CHE RESTITUI AI FRATI IL CONVENTO DI BORGO A MOZZANO.
Ricorrono il 13 marzo i 200 anni dalla morte di Maria Luisa di Borbone, duchessa di Lucca.Donna religiosa restituì agli ordini religiosi molti conventi soppressi ed espropriati dall'occupazione napoleonica (1810). Tra i conventi riaperti anche quello di S. Francesco di Borgo a Mozzano, appartenuto ai frati minori rifornati.
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NEI GIORNI DELLA MEMORIA E DEL RICORDO: ALTRE STORIE DIMENTICATE DEL PASSAGGIO DELLA GUERRA.
Altre storie dei giorni terribili del passaggio del fronte sul nostro territorio quasi dimenticate.Il Pievano di Cerreto, Don Giuseppe Tolomei, racconta il bombardamento alleato di Cerreto del 15 settembre 1944 (lo stesso giorno del bombardamento di Dezza), che danneggiò la facciata della chiesa e distrusse la casa di Pellegrino Lamberti; eppoi la morte, avvenuta a Morante, il 21 settembre, di due giovani padri di famiglia: Ettore Barsanti (di Cerreto) e Ugo Gurioli (di Borgo a Mozzano).
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IL PASSATO RIMOSSO: STORIE DIMENTICATE DI BORGO A MOZZANO.
CONSIDERAZIONI SU STORIE DIMENTICATE DI BORGO A MOZZANO, LA CUI PIENA CONOSCENZA E VERITA' DIFFICILMENTE POTREMO RECUPERARE.
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DOPO 80 ANNI RICORDATO IL BOMBARDAMENTO DI DEZZA E LA MORTE DELLA GIOVANE ESTER SANTINI.
Sabato 3 febbraio 2024, con una bella cerimonia organizzata a Dezza di Borgo a Mozzano si è ricordato un episodio, sicuramente sconosciuto ai più. La morte della giovane Ester Santini che il 15 settembre 1944 mori, proprio a Dezza, colpita da una granata durante un bombardamento alleato (esercito americano) che, dalla piana di Lucca, tentava di cannoneggiare la villa di Vormiana, sulla strada per Vetriano, dove si trovava un comando tedesco.LEGGI DI PIU' CLICCANDO QUI
ERANO OLTRE 100 LE BOTTEGHE DI COMMERCIANTI E ARTIGIANI A BORGO A MOZZANO A META' DEL XX SECOLO
Mi sono divertito a ricordare tutti i commercianti e gli artigiani che arricchivano il paese di Borgo a Mozzano alla metà del XX secolo. Uno sforzo di memoria che meritava di essere fatto, per ricordare.Leggi di più, cliccando qui
500 ANNI FA LA BOLLA DI PAPA CLEMENTE VII AUTORIZZAVA LA COSTRUZIONE DEL CONVENTO DEL BORGO DI LUCCA...
500 anni fa, il 1 febbraio 1524, Papa Clemente VII, Sommo Pontefice, appartenente alla potente famiglia fiorentina dei Medici, accogliendo le richieste pervenute dal popolo del Borgo e dei paesi circonvicini, con propria “bolla” o “breve”, autorizzava la costruzione di un convento per accogliere i frati francescani dell’Osservanza che, già dal 1514, erano venuti a Borgo a Mozzano (che al tempo si chiamava anche “Borgo di Lucca”) ed avevano trovato alloggio presso un’abitazione attigua all’oratorio del SS. Crocifisso.CLICCA QUI PER LEGGERE DI PIU'
17 gennaio 1943: era la festa di S. Antonio Abate il giorno in cui iniziò la tragica ritirata della Cuneense...
17 gennaio: il Corpo d'Armata Alpino è completamente accerchiato, alle ore 10 il generale Gariboldi dà l'ordine di ripiegare (in quei giorni, la temperatura varia da -30 a -40 sotto zero).INIZIA LA TRAGICA RITIRATA DELL' ARMIR (Armata Italiana in Russia).
Anche mio padre Carlo Settimo Brunini (alpino della Divisione Cuneense - 2° Reggimento, Battaglione Saluzzo - 21a Compagnia) e mio zio Armando Brunini, classe 1917 (alpino della Divisione Cuneense - 4° Reggimento di artiglieria alpina) affrontano la grande sofferenza.
Mio padre, nonostante un piede congelato riuscirà ad uscire dall'accerchiamento; mio zio verrà catturato e morirà nel lager sovietico di Tambov.
Nel 2010, insieme a Marcello Martini ho pubblicato un libro "Dal Serchio al Don solo andata", nel quale abbiamo ricordato tutti i caduti e dispersi in Russia del comune di Borgo a Mozzano (oltre 80).
Mi sono andato a rileggere l'introduzione che scrissi a quel libro, come omaggio a tutti coloro che soffrirono e scomparvero nella tormenta della ritirata....
Leggi l'introduzione al libro DAL SERCHIO AL DON SOLO ANDATA
BENVENUTI NEL SITO DI GABRIELE BRUNINI...
Ecco alcune indicazioni su come è strutturato questo sito e alcune notizie utili...
Molti testi sono contenuti nella HOME,gli interventi e i commenti sull'attualità sono nella sezione COMMENTI
e gli interventi sulla storia o i ricordi personali sono nella sezione SPIGOLANDO TRA STORIA E RICORDI PERSONALI.
Ci sono anche dei VIDEO interessanti da vedere.
Chi mi vuole scrivere è meglio che usi la e mail.....bruniniborgo@libero.it
e il mio cellulare è 3492401085.
BUONA LETTURA...
1948: A BORGO A MOZZANO SI GRIDA AL MIRACOLO, LA MADONNA DI MAO MUOVE GLI OCCHI...
Siamo agli inizi del 1948 ed anche a Borgo a Mozzano l'immagine venerata della Madonna di Lourdes, che si trova nell'oratorio detto di "Mao" sembra muovere gli occhi....Leggi spigolando tra storia e ricordi personali
Nella notte del 1 settembre 1944 l'irruzione dei tedeschi nella Certosa di Farneta.
Alberto Palazzi, carissimo amico della mia famiglia, che nel 1944 viveva nella Certosa come Novizio, mi consegnò qualche anno fa un testo, scritto da un suo confratello del tempo, Fra Guido Maria Percic, che riepiloga i fatti tragici dell'irruzione dei soldati tedeschi nell'antica Certosa e il calvario che subirono i Certosini ed i civili a cui i frati avevano dato ospitalità. Nei giorni successivi all'irruzione 12 monaci e 32 civili furono brutalmente uccisi.Leggi di più cliccando qui
AL MONASTERO REGINA CARMELI SI PRESENTA IL LIBRO SU SR. ANCILLA
INVITOSuor Ancilla Maria della Croce, al secolo Dora Motroni, entrò nel Monastero di S. Teresa, delle carmelitane scalze, di Borgo a Mozzano nel 1944. Nel 1947 le suore si trasferirono a Lucca, nell’attuale Monastero Regina Carmeli di Monte San Quirico dove, nella preghiera della clausura, Suor Ancilla visse fino alla morte.
Il 20 giugno presenteremo una pubblicazione, frutto di un lavoro di Giuseppe Bicocchi (1943-2008), rivisto per la stampa dalla nostra Misericordia.
Invito, tutti quanti potranno, a questo appuntamento presso il Monastero di clausura delle Carmelitane.
Gabriele Brunini - Governatore della Misericordia
leggi spigolando tra storia e ricordi personali
IL DOVEROSO RICORDO DI DON ALDO MEI E L'ODIO PER I RELIGIOSI NELLE GUERRE.
Il giorno 4 agosto ricorreva il 79° anniversario della fucilazione di Don Aldo Mei (1912-1944), ad opera dei tedeschi, sugli spalti delle mura di Lucca.Uno degli episodi incredibili, avvenuti anche nella nostra provincia, quando l'arrivo delle truppe alleate era ormai prossimo e il fronte stava per spostarsi in Garfagnana. Incredibili e inaccettabili saranno tanti altri epidodi come l'eccidio assurdo di S. Anna di Stazzema, l'irruzione nella villa lucchese Giorgi/Moroni, o quella tragica e cruenta nella Certosa di Farneta. Furono davvero tanti e voglio ricordarli tutti e onorare tutte le vittime innocenti.
Al ricordo di Don Aldo Mei, fatto dal prof. Umberto Palagi, si è aggiunto un commento del borghigiano Francesco Poggi, che condivido e merita di essere citato. Eccolo:
Il ricordo di Don Aldo Mei mi riporta allo studio del periodo degli anni intorno alla seconda guerra mondiale ed alla violenza perpetrata contro i sacerdoti ...la guerra civile spagnola aveva fatto scuola ... tra il 18 luglio del 1936 e il 1 aprile 1939, vengono uccisi 4.184 sacerdoti, 2.000 tra monaci e altri religiosi, 283 suore, 12 vescovi, soprattutto per mano repubblicana e del Fronte Popolare. Di questi alcuni sono stati dichiarati Santi dalla Chiesa , soprattutto ad opera di Papa Francesco. L'Italia non avra' i numeri della mattanza spagnola ma dara' il suo terribile contributo. Saranno 66 i sacerdoti uccisi dai tedeschi o dai fascisti, ad iniziare proprio da Aldo Mei, e 93 quelli uccisi dai partigiani, l'ultimo dei quali Don Umberto Pessina, ucciso a Correggio il 18 giugno 1946. (Francesco Poggi)
Gabriele Brunini - 6 agosto 2023
LA FIERA DELLA MADDALENA A BORGO A MOZZANO
Cose del vecchio Borgo...Il 22 luglio è la festa di S. Maria Maddalena. Quand'ero bimbetto mia nonna mi portava al "ponte del diavolo" dove, lungo la strada, davanti alle poche case, lato via del Brennero, c'era la "FIERA DELLA MADDALENA". In quel luogo, infatti, un tempo, c'era una cappella dedicata a quella Santa, con una statua del sec.XVI, probabilmente attribuibile ad Andrea della Robbia, che ora si trova nella chiesa di S. Iacopo e che ha dato il nome (vero) al nostro famoso ponte...
La Santa, in questa statua invetriata in bianco, come erano i primi lavori robbiani destinati a sostituire il marmo, è vestita unicamente di quei capelli che asciugarono i piedi del redentore. La statua poteva esistere anche diversi anni prima che il suo nome fosse appllicato al ponte che, in origine, si chiamava "di Chifenti". Francesco Maria Pellegrini, nel suo libro "Borgo a Mozzano e Pescaglia nella storia e nell'arte", edito nel 1925, dice che ha una somiglianza sorprendente con la statua in legno del Donatello, che si trova in S. Giovanni in Firenze. Simili a questo simulacro sono non pochi santi attribuiti ad Andrea della Robbia, con il volto scarno e ispirato. Andrea della Robbia morì nel 1525. Sempre il Pellegrini valuta altre possibili attribuzioni possibili quelle di Luca della Robbia (contemporaneo del Donatello) o di Benedetto Buglioni, che imparò l'arte di invetriare da una donna uscita dalla casa di Andrea. Il Buglioni fece statue pregevoli nella cappella di Bernardo Del Bianco nella Badia di Firenze.
Nelle immagini un particolare della statua della Maddalena ripresa da una vecchia cartolina.
Gabriele Brunini - 22 luglio 2019
LA STATUA DELLA MADDALENA ESPOSTA AL MUSEO DEL LOUVRE
Il 22 ottobre scorso è stata inaugurata al “Louvre” di Parigi una grande mostra di 140 opere della scultura rinascimentale italiana che ha, come titolo: “Il corpo e l’anima. Sculture Italiane da Donatello a Michelangelo (1465-1520)". Tra le opere “robbiane” esposte nel museo parigino c’è anche la “Maddalena” che si conserva nella chiesa propositurale di San Iacopo a Borgo a Mozzano. Insieme alla Maddalena ci sono altre opere importanti a cavallo tra il secolo XV e XVI e, tra queste, il “San Sebastiano” di Andrea Della Robbia, che si conserva nel Museo di Montalcino. Ritengo che sia una notizia stupenda, che possa portare prestigio alla nostra comunità, rafforzando la consapevolezza di essere depositari di opere d’arte importanti, che abbiamo il dovere di tutelare nel tempo, come hanno fatto per secoli coloro che ce le hanno tramandate. Ho interpellato il Parroco di Borgo a Mozzano, don Francesco Maccari che, chiaramente, è stato a suo tempo informato dalla Soprintendenza e dai curatori della mostra ed ha concesso la sua autorizzazione al trasferimento della statua. Anche il Parroco auspica che questa esposizione sia utile all’opera d’arte, che prima dell’esposizione al Louvre si avvantaggerà di una opportuna manutenzione, ma anche alla successiva valorizzazione della medesima, al momento del suo ritorno a Borgo a Mozzano.Da questa prestigiosa esposizione ci potranno pervenire maggiori informazioni storiche sulla statua che, prima di essere conservata nella chiesa di S. Iacopo, si trovava in una cappella presso il “ponte di Chifenti” (il più importante monumento del nostro territorio) che, proprio dalla statua conservata nei pressi, assunse il nome di “ponte alla Maddalena”. Secondo Massimo Betti, già Sindaco di Bagni di Lucca, la statua sarebbe stata posta in quel luogo nel 1526 (Vedi nota n.1). Sarebbe altrettanto interessante conoscere i motivi della scomparsa di quella cappella e del trasferimento della statua robbiana nella chiesa di S. Iacopo, visto che, fino ai primi decenni del ‘900, le case lungo la statale del Brennero nei pressi del “ponte del diavolo” facevano parte della Parrocchia di Corsagna. Per le informazioni sulla nostra statua di “Maria Maddalena” faccio riferimento allo scrittore e storico borghigiano Francesco Maria Pellegrini che nel suo libro “Borgo a Mozzano e Pescaglia nella storia e nell’arte” edito nel 1925, scrive che la statua: ha una somiglianza sorprendente con la statua in legno del Donatello, che si trova in S. Giovanni in Firenze. Simili a questo simulacro sono non pochi santi attribuiti ad Andrea della Robbia, con il volto scarno e ispirato. Andrea della Robbia morì nel 1525. Il Pellegrini valuta altre possibili attribuzioni della statua conservata a Borgo a Mozzano, che potrebbe essere attribuibile a Luca della Robbia (contemporaneo del Donatello) o a Benedetto Buglioni, che imparò l'arte di invetriare da una donna uscita dalla casa di Andrea. Il Buglioni fece statue pregevoli nella cappella di Bernardo Del Bianco nella Badia di Firenze.
Maria Maddalena, detta anche Maria di Magdala è venerata come santa dalla Chiesa, che celebra la sua festa il 22 luglio, data nella quale, fino a qualche decennio fa, si svolgeva presso il “ponte della Maddalena” di Borgo a Mozzano una importante fiera, che richiamava gente da tutti i paesi vicini. Maria Maddalena viene descritta, nel Nuovo Testamento come nei Vangeli apocrifi, come la cugina di Maria, ma le narrazioni evangeliche la dipingono come una delle più importanti e devote discepole di Gesù. Fu tra le poche a poter assistere alla crocifissione e, secondo alcuni Vangeli, divenne la prima testimone oculare e la prima annunciatrice dell'avvenuta resurrezione.
Un ricordo personale: la statua della Maddalena era conservata, nella chiesa di S. Iacopo, sopra la porta della sacrestia, vicino alle statue dell’Annunciazione. Quando fu valutato di rendere la statua meglio visibile, in tutta la sua bellezza, mi occupai di far realizzare e donare dalla Italvetro di Borgo a Mozzano, azienda presso cui lavoravo, i vetri di sicurezza dell’urna in cui è attualmente conservata.
Come sostenuto anche da don Francesco Maccari, un evento così significativo, come l’esposizione al Museo del Louvre di un’opera d’arte del nostro territorio, deve far aumentare la consapevolezza del grande patrimonio storico culturale di cui siamo depositari. Sono ben 19 le chiese parrocchiali del comune di Borgo a Mozzano, a cui si aggiungono altre chiese di rilevante importanza, come la millenaria Pieve di Cerreto o quelle del convento di S. Francesco e del SS. Crocifisso nel Capoluogo, il Santuario di Serra a Corsagna, oltre a vari oratori e cappelle presenti un po’ in tutte le frazioni. E’ urgente riprendere la proposta, che ho più volte caldeggiato, di creare un museo territoriale dell’arte sacra, che potrebbe trovare adeguata sistemazione proprio nella grande chiesa del Crocifisso di Borgo a Mozzano, oggi chiusa perché inagibile e a rischio di pericolosi cedimenti. La proposta l’ho ribadita anche in un libro, che ho scritto durante il primo lockdown, dal titolo “Il miracoloso Crocifisso del Borgo e la sua chiesa”, pubblicato nello scorso mese di luglio dalla Misericordia di Borgo a Mozzano. Una proposta che rinnovo a tutti i possibili destinatari interessati.
Gabriele Brunini – 15 novembre 2020
www.gabrielebrunini.it
Note: 1) Massimo Betti, di Bagni di Lucca, ha pubblicato un libro, edito dal Comune di Borgo a Mozzano, dal titolo "IL PONTE DEL DIAVOLO, Notizie Storiche e iconografia" - per i tipi della Tipografia Gasperetti di Barga, finito di stampare nel dicembre 1995. Nella pubblicazione il Betti, a pagin 14 scrive: Nel 1526 venne eretto un eremitorio ai piedi del ponte sul lato sinistro del fiume. Esso fu dedicato a Santa Maddalena , da cui il nome Ponte alla Maddalena.....Nel diciottesimo secolo l'oratorio era custodito da un eremita, eletto dalla Confraternita della SS.ma Annunziata della Chiesa Parrocchiale di S.Iacopo di Borgo a Mozzano, che riceveva 8 lire all'anno; altrettanti venivano dati al Parroco. La suddetta pubblicazione contiene una introduzione del Sindaco del tempo Gabriele Brunini.
LA STATUA ROBBIANA DELLA MADDALENA: NEL 2020 E' STATA ESPOSTA AL "LOUVRE". NEL 2022 E' STATA AMMIRATA AD UNA GRANDE MOSTRA A FORLI'.
Il 22 ottobre 2020 è stata inaugurata al “Louvre” di Parigi una grande mostra di 140 opere della scultura rinascimentale italiana che ha, come titolo: “Il corpo e l’anima. Sculture Italiane da Donatello a Michelangelo (1465-1520)”. Tra le opere “robbiane” esposte nel museo parigino c’è anche la “Maddalena” che si conserva nella chiesa propositurale di San Iacopo a Borgo a Mozzano. Insieme alla Maddalena ci sono altre opere importanti a cavallo tra il secolo XV e XVI e, tra queste, il “San Sebastiano” di Andrea Della Robbia, che si conserva nel Museo di Montalcino. Ritengo che sia una notizia stupenda, che possa portare prestigio alla nostra comunità, rafforzando la consapevolezza di essere depositari di opere d’arte importanti, che abbiamo il dovere di tutelare nel tempo, come hanno fatto per secoli coloro che ce le hanno tramandate. Ho interpellato il Parroco di Borgo a Mozzano, don Francesco Maccari che, chiaramente, è stato a suo tempo informato dalla Soprintendenza e dai curatori della mostra ed ha concesso la sua autorizzazione al trasferimento della statua. Anche il Parroco auspica che questa esposizione sia utile all’opera d’arte, che prima dell’esposizione al Louvre si avvantaggerà di una opportuna manutenzione, ma anche alla successiva valorizzazione della medesima, al momento del suo ritorno a Borgo a Mozzano.Da questa prestigiosa esposizione ci potranno pervenire maggiori informazioni storiche sulla statua che, prima di essere conservata nella chiesa di S. Iacopo, si trovava in una cappella presso il “ponte di Chifenti” (il più importante monumento del nostro territorio) che, proprio dalla statua conservata nei pressi, assunse il nome di “ponte alla Maddalena”. Secondo Massimo Betti, già Sindaco di Bagni di Lucca, la statua sarebbe stata posta in quel luogo nel 1526 (Vedi nota 1). Sarebbe altrettanto interessante conoscere i motivi della scomparsa di quella cappella e del trasferimento della statua robbiana nella chiesa di S. Iacopo, visto che, fino ai primi decenni del ‘900, le case lungo la statale del Brennero nei pressi del “ponte del diavolo” facevano parte della Parrocchia di Corsagna. Per le informazioni sulla nostra statua di “Maria Maddalena” faccio riferimento allo scrittore e storico borghigiano Francesco Maria Pellegrini che nel suo libro “Borgo a Mozzano e Pescaglia nella storia e nell’arte” edito nel 1925, scrive che la statua: ha una somiglianza sorprendente con la statua in legno del Donatello, che si trova in S. Giovanni in Firenze. Simili a questo simulacro sono non pochi santi attribuiti ad Andrea della Robbia, con il volto scarno e ispirato. Andrea della Robbia morì nel 1525. Il Pellegrini valuta altre possibili attribuzioni della statua conservata a Borgo a Mozzano, che potrebbe essere attribuibile a Luca della Robbia (contemporaneo del Donatello) o a Benedetto Buglioni, che imparò l'arte di invetriare da una donna uscita dalla casa di Andrea. Il Buglioni fece statue pregevoli nella cappella di Bernardo Del Bianco nella Badia di Firenze.
Maria Maddalena, detta anche Maria di Magdala è venerata come santa dalla Chiesa, che celebra la sua festa il 22 luglio, data nella quale, fino a qualche decennio fa, si svolgeva presso il “ponte della Maddalena” a Borgo a Mozzano una importante fiera, che richiamava gente da tutti i paesi vicini. Maria Maddalena viene descritta, nel Nuovo Testamento come nei Vangeli apocrifi, come la cugina di Maria, ma le narrazioni evangeliche la dipingono come una delle più importanti e devote discepole di Gesù. Fu tra le poche a poter assistere alla crocifissione e, secondo alcuni Vangeli, divenne la prima testimone oculare e la prima annunciatrice dell'avvenuta resurrezione.
Un ricordo personale: la statua della Maddalena era conservata, nella chiesa di S. Iacopo, sopra la porta della sacrestia, vicino alle statue dell’Annunciazione. Quando fu valutato di rendere la statua meglio visibile, in tutta la sua bellezza, mi occupai di far realizzare e donare dalla Italvetro di Borgo a Mozzano, azienda presso cui lavoravo, i vetri di sicurezza dell’urna in cui è attualmente conservata.
Come sostenuto anche da don Francesco Maccari, un evento così significativo, come l’esposizione al Museo del Louvre di un’opera d’arte del nostro territorio, deve far aumentare la consapevolezza del grande patrimonio storico culturale di cui siamo depositari. Sono ben 19 le chiese parrocchiali del comune di Borgo a Mozzano, a cui si aggiungono altre chiese di rilevante importanza, come la millenaria Pieve di Cerreto o quelle del convento di S. Francesco e del SS. Crocifisso nel Capoluogo, il Santuario di Serra a Corsagna, oltre a vari oratori e cappelle presenti un po’ in tutte le frazioni. E’ urgente riprendere la proposta, che ho più volte caldeggiato, di creare un museo territoriale dell’arte sacra, che potrebbe trovare adeguata sistemazione proprio nella grande chiesa del Crocifisso di Borgo a Mozzano, oggi chiusa perché inagibile e a rischio di pericolosi cedimenti. La proposta l’ho ribadita anche in un libro, che ho scritto durante il primo lockdown, dal titolo “Il miracoloso Crocifisso del Borgo e la sua chiesa”, pubblicato nello scorso mese di luglio dalla Misericordia di Borgo a Mozzano. Una proposta che rinnovo a tutti i possibili destinatari interessati.
Gabriele Brunini – 15 novembre 2020
www.gabrielebrunini.it
Note: 1) Massimo Betti, di Bagni di Lucca, ha pubblicato un libro, edito dal Comune di Borgo a Mozzano, dal titolo "IL PONTE DEL DIAVOLO, Notizie Storiche e iconografia" - per i tipi della Tipografia Gasperetti di Barga, finito di stampare nel dicembre 1995. Nella pubblicazione il Betti, a pagin 14 scrive: Nel 1526 venne eretto un eremitorio ai piedi del ponte sul lato sinistro del fiume. Esso fu dedicato a Santa Maddalena , da cui il nome Ponte alla Maddalena.....Nel diciottesimo secolo l'oratorio era custodito da un eremita, eletto dalla Confraternita della SS.ma Annunziata della Chiesa Parrocchiale di S.Iacopo di Borgo a Mozzano, che riceveva 8 lire all'anno; altrettanti venivano dati al Parroco. La suddetta pubblicazione contiene una introduzione del Sindaco del tempo Gabriele Brunini.
2022: LA MADDALENA DI BORGO A MOZZANO A FORLI'
La Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì propone per il 2022 un nuovo appuntamento espositivo ai Musei San Domenico dedicato a un grande mito femminile della nostra storia, una figura misteriosa e travisata: Maria Maddalena. L’esposizione forlivese del 2022 dal titolo: MADDALENA. IL MISTERO E L'IMMAGINE – a cura di Cristina Acidini, Paola Refice, Fernando Mazzocca – intende indagare il mistero irrisolto di una donna di nome Maria che ancora inquieta e affascina. Dal 27 marzo al 10 luglio 2022, le sale del San Domenico ospiteranno 200 opere tra le più significative dal III sec. d.C. al Novecento, suddivise in 11 sezioni, in un percorso espositivo che ricomprende pittura, scultura, miniature, arazzi, argenti e opere grafiche e che si snoda attraverso i più grandi nomi di ogni epoca. In occasione di questa trasferta a Forlì la statua robbiana è stata oggetto di un opportuno e ncecessario restauro disposto dalla Soprintendenza.
30 AGOSTO 2022: LA MADDALENA TORNA A BORGO A MOZZANO
Il giorno 30 agosto 2022 la statua della Maddalena, esposta alla bellissima mostra di Forlì, è stata restituita e ricollocata nella chiesa di S. iacopo di Borgo a Mozzano. per l'occasione la Soprintendenza ha predisposto una nuova teca per accogliere la bellissima statua robbiana (teca che ospitava a S. Gennaro di Capannori l'Angelo Annunciante, in terracotta, attribuito a Leonardo da Vinci). Va così in pensione la teca che feci costruire aglla fine degli anni '90 del secolo scorso dalla ITALVETRO (la fabbrica dove lavoravo), che la stessa azienda regalò alla chiesa.
Gabriele Brunini - aggiornamento 30 agosto 2022
"INNO A ROMA" DI GIACOMO PUCCINI: POLEMICHE CONTRO BEATRICE VENEZI, NEL CONCERTO PUCCINIANO DI LUCCA. Tra i critici anche Gabriella Ravenni, figlia di uno dei fondatori del MSI.
Bellissimo concerto in onore di Giacomo Puccini, a Lucca, con Beatrice Venezi che esegue musiche pucciniane a tutto tondo.
Dal palco ringrazia Lucca per il grande abbraccio e dice: «Non posso accettare censure e credo che neanche Puccini le avrebbe accettate». Ed esegue l'INNO A ROMA di Giacomo Puccini, inno patriottico composto nel 1919.
Una bella risposta a tante strumentali polemiche!!!
Dopo il grande concerto lucchese le polemiche si sono concentrate tutte sull'esecuzione dell'Inno a Roma di Puccini. Ed è chiaro che siano polemiche contro il concerto di Lucca e soprattutto contro Beatrice Venezi. In grandi eventi, come al Colosseo, grandi cantanti come Bocelli e grandi orchestre hanno eseguito il brano e non ci sono state le polemiche attuali.
Persone, che stimo e giudico intelligenti, come il Presidente della Provincia Menesini e i Sindaci Del Ghingaro e Bonfanti, sembra, addirittura, che abbiano deciso di non essere presenti al concerto, solo perchè nel programma si è inserito l'inno patriottico, composto da Giacomo Puccini nel 1919, per celebrare la vittoria della prima guerra mondiale. Evidentemente si è privilegiato la polemica politica alla cultura musicale.
Come ha dichiarato la stessa Venezi, stupisce che la questione dell'Inno "sia stata sollevata da persone che fanno parte del Centro Studi Puccini (di Lucca), che dovrebbero essere le persone il cui compito è tutelare, preservare e curare l'eredità musicale di Giacomo Puccini. Invece sono i primi a porla sotto una lente ideologica e politica".
Alla luce delle ricostruzioni giornalistiche sembra che tra i critici dell'Inno e della sua esecuzione lucchese, ci sia anche la lucchese Gabriella Ravenni, musicologa e grande esperta di Puccini, figlia del Prof. Danilo Ravenni (1913 - 1992), prigioniero non cooperatore negli Usa, durante la seconda guerra mondiale, apprezzato insegnante e poi direttore didattico, fondatore del MSI in Toscana e a Lucca, di cui è stato, fino alla morte, uno dei principali esponenti.
Il Prof. Ravenni è stato consigliere comunale del MSI a Lucca (eletto per la prima volta nel 1951) e poi consigliere regionale della Toscana, sempre per l'MSI-DN, dal 1985 al 1990.
Con un padre così, di certo, la professoressa Gabriella Ravenni ha conosciuto bene, anche in famiglia, la storia di quell'inno e l'utilizzo che, nel dopoguerra, lo stesso Movimento Sociale Italiano ne possa aver fatto. Un canto che parlava del "sole che sorge libero e giocondo sui colli di Roma".
Ma, al contempo, la professoressa Ravenni ha senz'altro avuto modo di conoscere bene, e spero apprezzare, l'onestà, la correttezza e il grande amore per la Patria che contraddistinguevano gli uomini del MSI, come Danilo Ravenni.
Per tutto quanto sopra ci meraviglia che, come ha scritto Beatrice Venezi, non si riesca a far pace con la memoria storica, abbandonando questi continue polemiche politiche.
Gabriele Brunini - 13 luglio 2023
VOGLIO CONDIVIDERE IN QUESTA PAGINA IL TESTO, STUPENDO, CHE MARCELLO VENEZIANI HA SCRITTO A PROPOSITO DELL' INNO A ROMA E DELLA SUA ESECUZIONE LUCCHESE.
Anch'io la penso esattamente così...
“Sole che sorgi libero e giocondo...
Com’era bello l’Inno a Roma di Giacomo Puccini e come è bello ancora, a risentirlo adesso. L’altro giorno, dopo l’ennesimo linciaggio subito da Beatrice Venezi per aver osato suonare con l'orchestra nella sua Lucca, all’apertura del festival pucciniano, l’Inno a Roma, una giovane amica è rimasta incuriosita e non conoscendo l’inno, ha voluto sentirlo col suo smartphone. Riascoltandolo con lei, sono tornato a più di cinquant’anni fa, e mi è parso di tornare ragazzo con le ali sotto i piedi. Ho ritrovato le parole, che ricordavo tutte, e anche l’aura di quel canto e di quel tempo e quelli che come me lo cantavano e nasceva tra noi un’intesa più forte del fuoco.
Dopo il grande concerto lucchese le polemiche si sono concentrate tutte sull'esecuzione dell'Inno a Roma di Puccini. Ed è chiaro che siano polemiche contro il concerto di Lucca e soprattutto contro Beatrice Venezi. In grandi eventi, come al Colosseo, grandi cantanti come Bocelli e grandi orchestre hanno eseguito il brano e non ci sono state le polemiche attuali.
Persone, che stimo e giudico intelligenti, come il Presidente della Provincia Menesini e i Sindaci Del Ghingaro e Bonfanti, sembra, addirittura, che abbiano deciso di non essere presenti al concerto, solo perchè nel programma si è inserito l'inno patriottico, composto da Giacomo Puccini nel 1919, per celebrare la vittoria della prima guerra mondiale. Evidentemente si è privilegiato la polemica politica alla cultura musicale.
Come ha dichiarato la stessa Venezi, stupisce che la questione dell'Inno "sia stata sollevata da persone che fanno parte del Centro Studi Puccini (di Lucca), che dovrebbero essere le persone il cui compito è tutelare, preservare e curare l'eredità musicale di Giacomo Puccini. Invece sono i primi a porla sotto una lente ideologica e politica".
Alla luce delle ricostruzioni giornalistiche sembra che tra i critici dell'Inno e della sua esecuzione lucchese, ci sia anche la lucchese Gabriella Ravenni, musicologa e grande esperta di Puccini, figlia del Prof. Danilo Ravenni (1913 - 1992), prigioniero non cooperatore negli Usa, durante la seconda guerra mondiale, apprezzato insegnante e poi direttore didattico, fondatore del MSI in Toscana e a Lucca, di cui è stato, fino alla morte, uno dei principali esponenti.
Il Prof. Ravenni è stato consigliere comunale del MSI a Lucca (eletto per la prima volta nel 1951) e poi consigliere regionale della Toscana, sempre per l'MSI-DN, dal 1985 al 1990.
Con un padre così, di certo, la professoressa Gabriella Ravenni ha conosciuto bene, anche in famiglia, la storia di quell'inno e l'utilizzo che, nel dopoguerra, lo stesso Movimento Sociale Italiano ne possa aver fatto. Un canto che parlava del "sole che sorge libero e giocondo sui colli di Roma".
Ma, al contempo, la professoressa Ravenni ha senz'altro avuto modo di conoscere bene, e spero apprezzare, l'onestà, la correttezza e il grande amore per la Patria che contraddistinguevano gli uomini del MSI, come Danilo Ravenni.
Per tutto quanto sopra ci meraviglia che, come ha scritto Beatrice Venezi, non si riesca a far pace con la memoria storica, abbandonando questi continue polemiche politiche.
Gabriele Brunini - 13 luglio 2023
VOGLIO CONDIVIDERE IN QUESTA PAGINA IL TESTO, STUPENDO, CHE MARCELLO VENEZIANI HA SCRITTO A PROPOSITO DELL' INNO A ROMA E DELLA SUA ESECUZIONE LUCCHESE.
Anch'io la penso esattamente così...
“Sole che sorgi libero e giocondo...
Com’era bello l’Inno a Roma di Giacomo Puccini e come è bello ancora, a risentirlo adesso. L’altro giorno, dopo l’ennesimo linciaggio subito da Beatrice Venezi per aver osato suonare con l'orchestra nella sua Lucca, all’apertura del festival pucciniano, l’Inno a Roma, una giovane amica è rimasta incuriosita e non conoscendo l’inno, ha voluto sentirlo col suo smartphone. Riascoltandolo con lei, sono tornato a più di cinquant’anni fa, e mi è parso di tornare ragazzo con le ali sotto i piedi. Ho ritrovato le parole, che ricordavo tutte, e anche l’aura di quel canto e di quel tempo e quelli che come me lo cantavano e nasceva tra noi un’intesa più forte del fuoco.
L’Inno a Roma è del 1918, quando il fascismo ancora non era nato, nessuna frase dell’Inno evoca il fascismo, anche se le sue parole, nella loro semplicità compongono una coerente visione della vita e di una civiltà. E’ una composizione tarda e maestosa di Puccini, che pochi anni dopo morirà; risente del fervore patriottico della prima guerra mondiale, ma venata di tenerezza. Fu suonato ai tempi del fascismo, anche se altri canti prettamente fascisti caratterizzarono il repertorio musicale del regime: da Faccetta nera a Giovinezza, che era un canto prefascista e goliardico, adattato poi nelle parole al fascismo. Ma l’Inno a Roma diventò il blasone, la bandiera, la colonna sonora, il richiamo magico dei comizi del Movimento Sociale Italiano; in particolare di quelli di Giorgio Almirante che erano spettacoli oratori di teatro politico e passione ideale. Ne eravamo ammaliati, anzi infiammati. E quell’Inno ne era il mito, il rito, la liturgia.
L’Inno a Roma a volte fungeva da richiamo per trovare la piazza tricolore dove ci sarebbe stato il comizio della fiamma; noi ragazzi, nei nostri pellegrinaggi militanti, quando sbarcavamo in città non conosciute, seguivamo questo navigatore musicale, andavamo a orecchio, come i topi del pifferaio di Hamelin. Una volta l’udito c’ingannò, o forse il vento ne deviò il percorso; e a Matera, mi pare, finimmo con le nostre bandiere tricolori nella piazza antagonista dove puntualmente c’era la contro-manifestazione antifascista. Ma il fattore sorpresa fu tale che passammo tra due ali di folla incredula, tra pugni chiusi e bandiere rosse, si aprì un varco per farci passare, noi del reggimento nemico bardati a tricolore. Passammo indenni mentre si apriva davanti a noi come per miracolo il Mar Rosso... Ma al sud c’erano talvolta queste indulgenze.
Nell’Inno a Roma voi ci vedete il fascismo, la dittatura, la guerra, e magari pure i campi di sterminio; noi ci vedevamo la nostra giovinezza, la nostra comunità, il canto di libertà, a viso aperto, in faccia al mondo; l’ebbrezza di dirsi italiani, romani, latini, la gioia di una festa politica e il sogno di appartenere a una storia antica da rinnovare, “il sol che nasce sulla nuova storia” e che ricorda il socialista Sol dell’Avvenire. L’Inno pucciniano era il canto di una civiltà e di una società armoniosa, in cui “il tricolore canta sul cantiere e sull’officina”, sui campi di grano e sulle greggi, sui reggimenti e sulle “pensose scuole”. Era bello quell’universo corale, in cui operai e contadini, soldati e studenti, si sentivano parte organica di un tutto, nel solco di una civiltà e di una storia. “Per tutto il cielo è un volo di bandiere” e noi le vedevamo in quella piazza, le bandiere inneggiate, sventolare per la nostra festa politica.
Voi ci vedete l’odio, in quella piazza e in quell’Inno; noi ci vedevamo amore, amor patrio, amor di civiltà, amore di comunità e di politica; sì, all’epoca ci si poteva pure innamorare di politica, e si dava tutto senza aspettarsi nulla in cambio sul piano personale, perché come ripeteva Almirante, citando Gabriele d’Annunzio: “Io ho quel che ho donato”; anzi andava oltre il Poeta e diceva: “Io ho quel che mi avete donato”, e il popolo tricolore si commuoveva. Voi ci vedete il nero e l’orbace, noi ci vedevamo il sole e la luce, la gioia sorgiva, che s’irraggia libera e gioconda; il magnifico sole di Roma, nell’azzurro italiano, latino e mediterraneo. Dal Campidoglio “tu non vedrai nessuna cosa al mondo maggior di Roma” (la Roma di Puccini non è quella di Gualtieri).
Ecco, dovessi confessare la mia indole nostalgica, direi che ho nostalgia di quella Roma pucciniana, di quell’Italia pucciniana, in equilibrio tra giustizia sociale e amor patrio, natura lussureggiante e civiltà gloriosa. Ma ho nostalgia soprattutto dei nostri occhi di ragazzi, che “vedevano” in quel canto, in quelle parole, un’alba di vita, un risorgimento di passione, un popolo che si raccoglieva intorno a un mito antico.
Poi, certo, sono bastati i cinquant’anni seguenti per disincantarci, la nostra età avanzata per capire che erano sogni di un’età appena svegliata che aveva ancora in testa il sogno della notte. Venne l’età degli incubi, poi delle insonnie, quindi della melatonina per dormire, tra risvegli angosciosi e visioni del vuoto davanti a noi. Solitudini e deserti.
Ma furono veri quei sogni, e veraci quelle passioni ideali; furono condivisi, quei sogni, non erano fantasie oniriche di solitari. Fu bello avere sedici anni in quel tempo. Ed è bello ricordarlo nel nostro. E quelli che vissero con noi, come noi, io li sento ancora fratelli, non mi vergogno di averli considerati camerati e non mi indignerebbe affatto chiamarli compagni, perché l’espressione - almeno - è bella, vuol dire che dividi con loro il pane della vita (cum-panis). Sono convinto che quelle passioni univano negli intenti anche i fronti più divisi; certo, noi eravamo più inclini ai "valori dello spirito", o se preferite, alla retorica. Ma non c’è da vergognarsi di quelle passioni e delle sue “belle bandiere". Beatrice Venezi con l’Inno a Roma ha reso onore a Puccini; altri invece lo hanno stuprato, portando in scena una Bohème comunistoide e sessantottarda.
Quella dell’Inno a Roma era un’Italia migliore.”
E' PROSSIMA L'USCITA DEL QUADERNO N.1 DELL'ARCHIVIO MUSICALE DEL CONVENTO DI BORGO A MOZZANO
Uscirà a breve il QUADERNO N. 1 dell'Archivio Musicale del Convento di San Francesco di Borgo a Mozzano, che ha sede presso la biblioteca dello stesso convento.Il quaderno ha come titolo IL VEXILLA NELLE COMPOSIZIONI DI FINE OTTOCENTO e contiene un inno composto dal borghigiano Giacomo Cristofanini, uno composto da Aldo D'Olivo, anch'egli musicista borghigiano, un inno composto dal musicista lucchese Teofilo Federighi e il Vexilla composto da Giacomo Puccini.
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IL GIOVEDI' SANTO A BORGO A MOZZANO E LA VISITA ALLE SETTE CHIESE
Nella vita religiosa delle nostre comunità c’erano tradizioni importanti che si sono perdute negli ultimi cinquant’anni, con il grande mutare dei tempi. Tra queste vogliamo ricordare la “visita delle sette chiese” che si teneva a Borgo a Mozzano il Giovedì Santo, che coinvolgeva le Parrocchie di San Iacopo, San Rocco e Cerreto con le relative “compagnie”. Fino agli anni ’30 del XX secolo partecipava alla visita anche la Compagnia della Parrocchia di Corsagna, che scendeva al Borgo percorrendo la mulattiera che arriva nei pressi del Ponte della Maddalena (fino al 1938 le case lungo la statale del Brennero, nei pressi del ponte appartevevano alla Parrocchia di Corsagna).Il periodo pasquale era un periodo di festeggiamenti importanti: a Cerreto, nella domenica delle Palme si tenevano le quarantore, festa liturgica con l’esposizione solenne del SS. Sacramento, che durava tre giorni. Nell’occasione le Compagnie di S. Iacopo e S. Rocco andavano in processione a Cerreto per partecipare all’adorazione guidate dai rispettivi Parroci. Nella domenica di Pasqua e nei due giorni successivi le quarant’ore si tenevano a S. Rocco ed anche qui c’era l’arrivo in processione delle Compagnie delle Parrocchie vicine, solitamente durante la celebrazione dei vespri.
Ma torniamo alla visita delle sette chiese, nella sera del Giovedì Santo. Nel tardo pomeriggio, nelle chiese parrocchiali, si svolgeva la celebrazione della “Messa in cena Domini”, con la lavanda dei piedi a dodici confratelli, che dava inizio al triduo pasquale. Alla sera poi, dopo che al termine della solenne liturgia, il Santissimo viene esposto all’adorazione dei fedeli, nel silenzio che ricorda la solitudine dei Getsemani, le Compagnie parrocchiali si organizzavano per la visita delle sette chiese, lungo le vie del paese, con momenti di adorazione in ogni chiesa. Impropriamente molti definivano il giro delle chiese e l'adorazione del Santissimo come visita ai "sepolcri", dicitura più adatta al Venerdì Santo, quando venivano esposte le statue di "Gesù morto", presenti in molte delle nostre chiese (a San Rocco la statua si trova nell'altare della Madonna dei Dolori.
Io partecipavo al giro con l’Alma Compagnia di San Rocco ed il percorso era il seguente: la prima adorazione era nella stessa chiesa di partenza, la seconda nella chiesa di Cerreto, poi si scendeva al convento delle Suore Francescane in piazza del mercato e di lì si saliva al convento dei Frati, poi la chiesa del Crocifisso, la chiesa di San Iacopo e al rientro la conclusiva adorazione nella chiesa di partenza, quella di San Rocco: sette visite, sette chiese visitate.
Il percorso si snodava lungo la via vecchia di Cerreto, che inizia dalla “volta” sotto palazzo Niccolai, davanti alla piazza della chiesa, ed anche la discesa da Cerreto, dopo l’adorazione, avveniva per la via vecchia, che scendeva nel Rio (poi sostituita dalla strada comunale che conduce in piazza del mercato).
Lungo il percorso si recitavano e si cantavano dei salmi, intervallati da un canto che recitava così: “la vita, la passione e la morte di Nostro Signore Gesù Cristo siano sempre nei nostri cuori”.
Non mancavano i momenti di rivalità tra le Compagnie, che puntavano ad avere il “crocione” più grande e pesante, e nemmeno qualche screzio o qualche calcio negli stinchi tra i chierichetti, quando, ad esempio, le Compagnie, di San Rocco che saliva a Cerreto e di San Iacopo che scendeva verso San Rocco, si incrociavano nella stretta strada vecchia di Cerreto. Ma la vita del tempo era fatta anche questi momenti, di cui si parlava poi, animatamente, nei giorni successivi. IOltre alle tre compagnie che sfilavano per le vie del paese, c'erano anche tante persone e tante famiglie che facevano, singolarmente, il giro delle sette chiese e, fino a tardi, il Giovedì Santo c'era un gran movimento di gente.
Negli anni ’70 i Parroci provarono, per qualche anno, a fare la visita alle varie chiese per l’adorazione del Santissimo con un’unica processione inter parrocchiale, ma la cosa finì presto per la scarsissima partecipazione dei fedeli.
Oggi la visita alle sette chiese è ormai una cosa dimenticata dai più.
Gabriele Brunini - aprile 2023
IL TEATRO COLOMBO DI VALDOTTAVO: COSTRUITO DA VALDOTTAVINI EMIGRATI IN AMERICA, E' STATO ACQUISTATO DAL COMUNE NEL 1997.
Era stato uno degli impegni elettorali che portò alla mia elezione a Sindaco il 23 aprile 1995 e nel giro di due anni l'impegno fu concretizzato.Dal 1998 le complesse fasi del restauro e l'inaugurazione ufficiale, da parte del Sindaco Francesco Poggi il 22 dicembre 2005.
Gabriele Brunini - marzo 2023
Leggi la storia cliccando qui
QUALI ERANO LE FAMIGLIE IMPORTANTI DI BORGO A MOZZANO.
Breve storia delle famiglie importanti di Borgo a Mozzano fino al secolo XX (Santini, Pellegrini, Cristofanini, Giorgi, Bendinelli, Niccolai).Leggi di più CLICCANDO QUI
ANCHE A BORGO A MOZZANO, NELL'OTTOCENTO, SI SEGUIVA LA MODA DI PARIGI.
Una serie di giornaletti di moda, collezionati nell'ottocento da una delle importanti famiglie di Borgo a Mozzano, ci conferma che anche da noi si seguiva la moda di Parigi..leggi di più cliccando qui
26 gennaio: 80 anni fa la battaglia di NIKOLAJEWKA...
Il 26 gennaio 1943 a NIKOLAEVKA c'era anche mio padre Carlo Settimo Brunini, alpino della Cuneense...clicca qui
LA BATTAGLIA DI NIKOLAJEWKA: C'ERA ANCHE MIO PADRE
70 ANNI FA LA BATTAGLIA DI NIKOLAEVKA: C'ERA ANCHE MIO PADRE clicca qui per approfondire
ALPINI...STORIE DELLA FAMIGLIA BRUNINI
13 maggio 2018OGGI A TRENTO c'è la 91a ADUNATA ALPINI;
e così mi riguardo questa foto del 1942 di mio padre Carlo Settimo Brunini(classe 1921, primo a dx) con i suoi due fratelli: Enrico Brunini (classe 1913) e Armando Brunini (classe 1917). Tre fratelli, alpini della DIVISIONE CUNEENSE, contemporaneamente sotto le armi.
Enrico, che già aveva fatto la campagna nei Balcani rientrerà a casa, essendo sposato e con una figlia, nata nel 1938 (Annamaria Brunini).
Mio padre e Armando andranno in Russia e Armando, fatto prigioniero, morirà nel lager sovietico di Tambow nel 1943. Mio padre rientrerà dalla Russia, dopo la lunga ritirata, con un piede congelato.
Un ricordo !
Al Moderatore del Gruppo chiedo notizie su due frati minori tedeschi che entrarono giovani nella Provincia Toscana dei frati Minori , morti in Russia con gli alpini nel 1943. Padre Cornelio Moetzel (a sx) e Padre Accurzio Hausler (a dx). La Provincia Toscana dei Frati Minori con cui sono in contatto mi ha chiesto aiuto, per il mio interesse per l'argomento (figlio di un reduce della Cuneense e nipote di alpino morto a Tambow). Grazie. Gabriele Brunini - Borgo a Mozzano (Lucca) www.gabrielebrunini.it
UN LIBRO IN RICORDO DEL MAESTRO LUIGI RONI, CHE E' STATO PER ME UN CARO AMICO.
E' stato presentato nella serata del 16 dicembre 2022, al teatro Alfieri di Castelnuovo Garfagnana, il libro in ricordo del cantante lirico Luigi Roni, dal titolo "Luigi Roni e il festival Il Serchio delle Muse", a cura di Sara Moscardini. Il libro, promosso dall'Associazione IL SERCHIO DELLE MUSE, di cui è Presidente Fosco Bertoli, è stato stampato dall'Unione Comuni Garfagnana e contiene una serie di interventi di persone che hanno conosciuto il Maestro ed hanno collaborato con Lui.Anche a me è stato chiesto un contributo che ho scritto volentieri, intitolandolo: Un'amicizia lunga una vita (pagine 47/49).
Il basso Luigi Roni è nato a Calomini il 22 febbraio 1942 ed è morto, per covid 19, all'Ospedale S.Luca di Lucca il 26 marzo 2020.
UN'AMICIZIA LUNGA UNA VITA
di Gabriele Brunini
L’amicizia con Luigi Roni è nata alla fine degli anni ‘60; ero ragazzo e facevo parte del consiglio direttivo del Circolo l’Unione di Borgo a Mozzano, dove in estate si organizzavano concerti all’aperto. A queste manifestazioni conobbi Luigi, un pò più grande di me, che vi partecipava come cantante: già conosciuto in zona e a Borgo a Mozzano, aveva un amico fiorentino, un veterinario, originario di Borgo a Mozzano, grande appassionato di lirica, che organizzava questi concerti insieme agli amici del paese natio: Luigi Roni era l’invitato d’onore.
Ci siamo conosciuti lì e poi l’amicizia è andata avanti anche negli anni successivi. Luigi era un personaggio di grande autorevolezza, ma aveva la capacità di dare amicizia e di facilitare buoni rapporti umani. Dal 1971 ho ricoperto, per diversi anni la carica di Governatore della Misericordia e, in quel periodo, in più occasioni, abbiamo fatto concerti al Borgo in cui la Misericordia era partecipe dell’organizzazione.
Lui veniva da Milano e stava a Calomini; veniva con la sua grande macchina, forse un Mercedes, insolita per questa zona; anche la sua signorilità era insolita e affascinava.
Ogni volta che veniva al Borgo, la visita al convento di San Francesco era d’obbligo: era un modo per lui di fare un bel respiro, apprezzando la storia, la religiosità e la bellezza di quel luogo e del suo giardino, dove si programmavano gli appuntamenti culturali estivi.
Dal 1995 al 2004 sono stato Sindaco di Borgo a Mozzano e proprio in quegli anni è iniziata la bellissima grande esperienza del Serchio delle Muse, voluta da Luigi, con la precisa volontà di valorizzare il territorio della Valle del Serchio e della “sua” Garfagnana, portando nelle piazze la grande musica e le opere liriche. Uno dei luoghi scelti, a Borgo a Mozzano, era la piazza Garibaldi, ma a lui piaceva organizzare appuntamenti anche al convento, perché era innamorato di quel luogo.
Un grande concerto lo organizzava, nell’estate, anche a Cerreto e quindi erano diverse le occasioni di incontro con il Maestro. Era sempre una bella occasione per pensare o sognare cose… in grande.
Gli ultimi appuntamenti che ha curato sono stati fatti proprio al convento: nella chiesa, la “Petite Messe Solennelle” di Rossini, a cui volle che partecipasse, ad uno dei due pianoforti, anche mia figlia Ilaria, insieme al Maestro Roberto Barrali; e in ultimo nell’estate 2019, ad agosto,un bellissimo concerto di mandolini napoletani nel giardino del convento, con un allestimento scenico di grande successo, che il comune amico Abramo Rossi mise in onda tante volte su Noitv.
Dopo il successo di questi appuntamenti, si pensava di fare, nell’estate 2020, qualcosa di grande, che purtroppo non c’è stato.
Gli ultimi giorni di vita del maestro sono stati per me drammatici, perché sono stato una delle persone che lui aveva cercato per segnalare il suo problema. Abbiamo cercato di seguirlo in ogni modo, anche nella difficile situazione che viveva nell’isolamento del reparto Covid, grazie ad alcuni infermieri che erano amici comuni. Purtroppo c’è rimasto il grande rammarico della sua perdita e la tristezza della sua solitudine di quei giorni.
Un anno, per un concerto del Serchio delle Muse, facemmo un bell’allestimento in piazza Garibaldi con tante azalee e piante offerte dai floricoltori locali; e siccome il giorno successivo c’era un concerto a Calomini, lui mi chiese qualche pianta per allestire la piazza del suo paese. I mezzi del comune trasportarono a Calomini una grande quantità di piante che permisero un allestimento straordinario di quel concerto, che lui spesso ricordava: Calomini invasa dalle azalee di Borgo a Mozzano.
Le sue visite per me sempre una festa ed una occasione di confronto su grandi temi, volando alto.
Avevamo a Borgo comuni amici: Giuliano Castori, Valerio e Pierluigi Barsanti, Giuliano Gaddini di Mondialcarta. Ricordi molto belli.
bruniniborgo@libero.it
ARRIVA DAL TEXAS LA SOLUZIONE ALLA MANCANZA DI PIASTRE PER I DEFIBRILLATORI DELLA MISERICORDIA DI BORGO A MOZZANO.
Spesso, alla Misericordia, si usa dire "non mettiamo limiti alla Provvidenza; e in questo caso non ci sono stati limiti territoriali. Da qualche settimana la Misericordia di Borgo a Mozzano ha lanciato un allarme perchè sul mercato non si trovano, al momento, i ricambi delle piastre che sono necessarie al funzionamento dei defibrillatori semiautomatici (DAE), che la Confraternita, in questi anni, con l'aiuto di Comitati Paesani e Associazioni, ha istallato in circa 40 frazioni dei comuni di Borgo a Mozzano, Pescaglia e Fabbriche di Vergemoli. Il modello dei DAE è il PHILIPS - HEARTSTART-FRX. La Misericordia ha attivato tutti i possibili fornitori, rivolgendosi anche alla sede centrale della Philips in Italia, purtroppo fino ad oggi senza trovare una soluzione. Le piastre infatti hanno una scadenza e la Misericordia, che cura la manutenzione dei DAE è molto attenta a questo particolare che potrebbe compromettere il funzionamento dei defibrillatori. E' stata interessata anche l'ASl Nord Ovest, visto che i DAE sono tutti segnalati come postazioni di emergenza territoriali, ma nemmeno la struttura emergenziale dell'Asl ha potuto offrire una risposta al problema. Negli ultimi giorni la Misericordia di Borgo a Mozzano è stata così costretta a ritirare i defibrillatori da diverse frazioni, dandone comunicazione alle popolazioni iteressate e alle autorità. Tornando alla "Provvidenza", la soluzione, per il momento, è arrivata dagli Stati Uniti, dallo Stato del Texas nello specifico. Un giovane borghigiano, che ha sposato una ragazza statunitense, socio della Misericordia, che quotidianamente segue le notizie del proprio paese e della Misericordia attraverso i social, si è messo di buona lena al lavoro ed ha trovato 18 piastre Philips, del modello in uso nei defibrillatori, le ha acquistate e le ha donate, facendole arrivare con un pacco celere dal Texas. Ferme per qualche giorno in dogana, per la complessa burocrazia italiana, finalmente sono state consegnate alla Misericordia, che potrà quindi riattivare nelle prossime ore il servizio nelle frazioni dove i DAE erano stati tolti. Il generoso socio texano della Misericordia, come abbiamo detto, ha voluto donare le piastre, che hanno un valore di oltre 1.500 dollari. La persona ha anche voluto mantenere l'anonimato, ma come Misericordia abbiamo pensato di segnalare questo gesto di amore per la propria terra, di un giovane borghigiano che, con sua moglie e due stupendi figli, vive in una città del Texas ed ha fatto una grande percorso di crescita personale e di studi nel nuovo grande paese che lo ha accolto. Penso che il gesto sia apprezzato da tutti e meritevole di essere segnalato anche all'Associazione Lucchesi nel Mondo, perchè certi gesti positivi fanno bene a tutti e stimolano a fare bene il beneGabriele Brunini
Governatore
Confraternita di Misericordia di Borgo a Mozzano
7 NOVEMBRE 2022
LA TERRIBILE "BANDA FABBRI", 1945 - 1946. Nella notte tra il 22 e 23 gennaio 1946 uccisero due o tre persone in una galleria della linea gotica ad Anchiano.
5 novembre 2022Questa mattina passeggiando a caccia, ho voluto ripercorrere la canaletta della “polla del fico”, che parte da dietro lo stabilimento della Italvetro, in località Pianello di Anchiano ed arriva in fondo allo “stradone di Anchiano” , in direzione Lucca, scorrendo tra il monte e la statale, andando a defluire nel Serchio. La “polla del fico” faceva sgorgare un’acqua molto buona, che gli anchianini andavano a prendere perchè dicevano essere speciale per cuocere i fagioli. Nella zona della “polla” c’erano i sistemi di pompaggio dell’acqua dello stabilimento Italvetro e, per questo motivo, erano frequenti le occasioni di controllo e di verifica. Lungo la canaletta, poi, dopo un sistema di vasche di decantazione, defluivano le acque di lavorazione dello stabilimento ed anche per questo motivo andavo spesso a controllare che il sistema di depurazione funzionasse. Il motivo della mia passeggiata era anche di andare a ricercare una lapide in marmo, posta sull’ingresso di una galleria della “linea gotica”, fatta costruire dai tedeschi, dove, nel 1946, erano state uccise due persone dagli appartenenti alla cosidetta “banda Fabbri”. Il vialetto lungo la canaletta è ormai impraticabile ed arrivare alla galleria è stato davvero complicato. Ma alla fine ci sono arrivato, ho fatto le foto ed ho cercato di ripercorrere la storia di quella “banda”, che terrorizzò la valle del Serchio e la Lucchesia dalla fine del 1945 ai primi mesi del 1946, nei tempi duri e complicati dell’immediato dopoguerra. Conoscevo un po’ la storia di quella banda e dei suoi misfatti, ma ho trovato una narrazione interessante, sull’argomento, dello storico Paolo Marzi di Gallicano che ho ripreso quasi interamente in questo testo.
Sulla fine dell’anno 1945 sul territorio della provincia di Lucca operò un gruppo di “banditi” che si fecero conoscere per i loro delitti e per la loro ferocia con vari nomi: per molti fu la "la banda del camioncino rosso" per altri "la banda dell'autostrada", ma per tutti sarà riconosciuta con il nome del suo capo "la banda Fabbri".
Le sue attività criminose durarono per pochi mesi, dall'ottobre 1945, alla primavera successiva; in questo poco lasso di tempo uccisero cinque persone e rapinarono di tutto, dai soldi alle cose più impensabili. Il giorno in cui ci fu il processo il giudice per leggere i reati commessi si protrasse per oltre 25 minuti... La banda operava su tutto il territorio provinciale e oltre, aveva una delle sue basi operative nelle trincee e nelle grotte della Linea Gotica scavate dai tedeschi a Borgo Mozzano. I rapinatori agivano sia sulle strade che nelle abitazioni (come avvenne a Minucciano).
La banda era composta da elementi che provenivano da tutta la regione e anche dalla Valle del Serchio. Il suo capo si chiamava Lando Fabbri, fiorentino di Santo Spirito. Classe 1912, prima della guerra aveva lavorato come fattorino presso una ditta farmaceutica, impiego ottenuto tramite la federazione fascista, grazie ai meriti acquisiti con la sua partecipazione alla campagna d’Etiopia. “Lo dovemmo assumere per forza – avrebbe dichiarato al processo il suo ex principale – e non lo potevamo licenziare, benché fosse violento e prepotente. Una volta inseguì un altro dipendente sparando in aria con la rivoltella che portava sempre con sé”. A seguito di una condanna a 30 anni di reclusione comminatagli nel ‘38 dal tribunale di Genova per tentato omicidio a scopo di rapina, Fabbri fu rinchiuso nel carcere di Parma, per essere poi trasferito in quello di Massa; dal quale riuscì tuttavia a fuggire nel luglio del ‘44, sfruttando un bombardamento aereo alleato, che aveva sventrato il penitenziario. Unitosi assieme ad altri evasi a una formazione partigiana, al termine della guerra egli si stabilì a Pisa, sotto falsa identità e trovò lavoro alle Poste. Nella medesima città conobbe, nell’ottobre ‘45, i fratelli Attilio e Nilo Moni, con i quali formò un sodalizio criminale che, allargatosi rapidamente (la banda era composta da 22 persone), avrebbe causato, in pochi mesi di attività la morte di cinque persone, tutte uccise a sangue freddo. Come quella volta ad Anchiano (Borgo a Mozzano)quando ammazzarono come cani tre persone per rubare quattro gomme. Difatti si racconta che una parte della famigerata banda era a prendere un caffè a Lucca, quando tornando verso Viareggio scorsero un autocarro Mercedes targato Udine, carico di carrozzine per bambini. Il camioncino rosso dei malviventi si mise di traverso in mezzo alla strada e l’altro dovette fermarsi; a bordo c’erano due commercianti, i fratelli Secondo e Quinto Di Pauli e il loro amico Giorgio Pacile, provenienti da Udine e diretti a Roma. Una volta scesi, i tre si trovarono di fronte quattro rivoltelle e uno Sten; spinti al margine della strada, furono legati e imbavagliati. Gli ostaggi furono poi caricati sul camioncino rosso e il mezzo si avviò per la statale dell’Abetone avendo già in mente la destinazione: Anchiano, dove nell’ambito delle fortificazioni della Linea Gotica i tedeschi avevano approntato una caverna artificiale utilizzata come deposito munizioni. Ecco comunque la cronaca del processo e del fattaccio in questione riportata dalle pagine de "Il Tirreno" il 10 aprile 1946. Testimonianza dell'imputato Fabbri:" Erano diversi giorni che il Lippetti ci aveva pregato di aiutarlo a trovare delle gomme, perchè quelle del camioncino erano fuori uso. Così si decise di andare sull'autostrada ed avevamo aspettato due tre ore per trovare quello che andasse bene. E' arrivato il camion abbiamo guardato le gomme e così si decise di fermarlo... Ad Anchiano ci fermammo ed io andai a vedere la grotta ove avevamo stabilito di lasciarli e di andare in un altro posto per levare e gomme. Con degli stracci imbevuti di nafta esplorai la grotta e li portammo là... Essi si raccomandarono di non fargli nulla di male, ed infatti noi li rassicurammo. Il Lippetti però cominciò a dire che il suo camioncino rosso, che era ormai preso d'occhio poteva essere riconosciuto e che quindi bisognava ucciderli... Fra tutti decidemmo di ucciderli. Il Lippetti disse che se non li avessimo uccisi noi, li avrebbe uccisi lui. Allora io rientrai nella grotta e sparai!". A giudicarli per direttissima fu il Tribunale militare straordinario, istituito il 10 maggio‘45 conformemente alla legge speciale per la repressione delle rapine e che prevedeva anche la fucilazione. Il processo ebbe inizio a Lucca il 10 aprile ‘46 e fu peraltro l’ultimo tenuto da tale organismo giudiziario. La sentenza giunse già il 13 aprile (per leggerla ci vollero più di venti minuti), infliggendo, come il giornale riporta “le condanne più dure del dopoguerra toscano”: pena capitale per Fabbri e per il suo luogotenente Baccetti, ergastolo a Lippetti e ai fratelli Moni, 30 anni a Brega, Angelini e Fanelli, 15 anni a Baldacci, proprietario del mitra in dotazione alla banda; oltre a una serie di condanne minori. Un'ultima affascinante descrizione della miseria umana degli imputati la diede sempre "Il Tirreno" dell'epoca: "Senza folla intorno, senza giudici e l’apparato del processo, nell’intervallo, seduti, stanchi e depressi, hanno gettato la maschera e abbandonato il loro aspetto tracotante, che amano ostentare davanti al pubblico. Eccoli qui senza infingimenti, miseri uomini vinti dalle loro folli passioni, più bestie che uomini, paurosi al pensiero della sorte che gli attende, e pensare che uccidevano le loro vittime come se si fosse trattato di mosche. Dal dire al fare. Oggi no, oggi ci stanno attaccati alla vita, alla propria".
La lapide che si trova ad Anchiano, di fronte alla galleria dove avvenne l’uccisione ricorda solo i fratelli Di Pauli, mentre non cita il loro amico Giorgio Pacile, che viene ricordato dallo storico Marzi.
FURONO OLTRE 50 I BORGHIGIANI PARTECIPANTI ALLA MARCIA SU ROMA DEL 28 OTTOBRE 1922
Furono oltre 50, secondo un sito internet, i partecipanti borghigiani alla "marcia su Roma" che segnò la presa del potere da parte del Partito Nazionale Fascista; marcia che si concluse il 28 ottobre 1922.Ecco l'elenco dei "legionari" partecipanti alla Marcia su Roma:
Fascio di Valdottaro:
Mezzetti Alessandro, Andreuccetti Giorgio, Andreuccetti Nello, Andreuccetti Riccardo, Barsotti Natale, Barsotti Benedetto, Bertini Giovanni, Bartolomei Ivan, Bartolomei Bartolomeo, Bertuccelli Rizieri, Bertolucci Amerino, Bencini Alfredo, Frediani Giuseppe, Giuntini Mario, Grandi Paolino, Giuntini Giuseppe, Marchetti Mario, Maffei Almiro, Maffei Livio, Mezzetti Silvio, Manfredi Ezio, Mezzetti Foscardo, Profetti Giulio, Pacini Alpinolo, Petretti Oreste, Pacini Edi, Pierotti Firminio, Radini Giuseppe, Santini Luigi, Salani Edoardo, Santini Ubaldo, Santini Galileo, Santini Roberto, Santini Giuseppe, Barsotti Lorenzo, Venturi Ubaldo.
Fascio di Borgo a Mozzano:
Andreucci Giovanni, Lucchesi Alceo, Andreucci Giuseppe, Frugoli Ezio, Ghilardi Filippo, Lippi Egidio, Barsanti Alessandro, Zanni Giuseppe, Piacentini Arturo, Guasperini Ruggero, Lotti Francesco, Mori Mario, Moroni Edoardo, Reali Andrea, Barsotti Giuseppe, Paoli Duilio, Bacci Lido.
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