CENTRODESTRA AL BIVIO - NECESSARIE NUOVE IDEE E FACCE NUOVE !
Il giornalista Giampaolo Rossi su "Il Tempo" del 19 settembre 2013 analizza la situazione del centrodestra........
Era il 16 dicembre del 2012; meno di un anno fa, e sembra un secolo. La politica italiana macina il tempo alla velocità della luce. Quella mattina, a Roma, all’Auditorium della Conciliazione, Giorgia Meloni e Guido Crosetto lanciavano “Le Primarie delle Idee”, una manifestazione in aperta rottura con il Pdl ed i suoi vertici.
Era il 16 dicembre del 2012; meno di un anno fa, e sembra un secolo. La politica italiana macina il tempo alla velocità della luce. Quella mattina, a Roma, all’Auditorium della Conciliazione, Giorgia Meloni e Guido Crosetto lanciavano “Le Primarie delle Idee”, una manifestazione in aperta rottura con il Pdl ed i suoi vertici.
Era successo che, due mesi prima, un partito in crisi di consensi, con un Berlusconi defilato dopo la caduta del suo governo e in procinto di affrontare possibili elezioni anticipate, aveva deciso che c’era solo un modo per legittimare la debole leadership di Alfano: fare le primarie che avrebbero sancito la consacrazione popolare del giovane segretario scelto dal Cavaliere, imposto in un congresso per acclamazione, ma mai capace di governare il partito e di imporre una sua linea autonoma. Erano primarie strane, un po’ bulgare e un po’ maccheroniche: erano state indette ma nessuno sapeva quando si sarebbero svolte; la candidatura di Alfano era appoggiata da tutti i big del partito, quindi non c’erano rivali veri; e inoltre erano primarie in cui non c’erano né dibattiti, né confronti. Almeno fino a quando, inaspettatamente, non scese in campo la Meloni.
A quel punto le cose cambiarono e le primarie del Pdl rischiarono di diventare una cosa seria: talmente seria che qualcuno decise di annullarle e in un partito senza regole non ci fu nemmeno bisogno di indire una riunione; si annullarono per sms.
Quella mattina, mentre 5000 persone invadevano via della Conciliazione per appoggiare la Meloni, a poca distanza, in un altro Teatro, quello Olimpico, qualche centinaio di militanti si recò a benedire il lancio di Italia Popolare, uno strano progetto politico messo in piedi da alcuni big del Pdl: c’erano Alfano, Lupi, Cicchitto, Quagliariello, Formigoni, l’allora sindaco di Roma Alemanno. L’obiettivo: costruire un polo “moderato” e centrista, alleato di Monti, che guardasse al di là del berlusconismo. Era un’Italia così popolare che si rivolgeva ai tecnocrati e ai banchieri, ma non al popolo. A quello tanto avrebbe pensato Berlusconi. Fatto sta che quell’iniziativa sembrò a molti nel Pdl, il tentativo di accantonare il leader storico.
Gli eventi dei mesi successivi fecero presto dimenticare quella mattinata di dicembre: le elezioni anticipate, la ridiscesa in campo di Berlusconi, lo scoppio del grillismo, la rielezione di Napolitano, il governo delle larghe intese, l’ennesimo ingresso a gamba tesa della magistratura nella vita democratica del Paese e le vicissitudini che legano il destino del Cavaliere alla fine di questa fase politica.
Eppure, in quella mattinata si consumò l’inizio della fine del Pdl. Solo che nessuno se ne accorse. Ma fu allora che si disegnarono gli scenari che ora vediamo più distintamente.
Oggi Giorgia Meloni è il leader di un piccolo partito, Fratelli d’Italia, che i sondaggi danno tra il 2 e il 4 per cento e gli analisti arrivano a vedere in una forbice potenziale compresa tra il 6 e l’8; tanto, di fronte alla frantumazione dello scenario politico e alla fine del bipolarismo incentrato su Berlusconi. Una leadership in ascesa e un movimento in crescita che ora sono di fronte ad una scelta: diventare una zattera per vecchi colonnelli in libera uscita, oppure realizzare un progetto di destra moderna liberal-identitaria.
Il Pdl sta diventando la nuova Forza Italia, anche se avrà poco in comune con quella del ’94; senza professori, senza il sogno della “rivoluzione liberale” e forse anche senza Berlusconi, il nuovo partito già vede la leadership di Alfano contestata e l’emergere di figure dirompenti come quella della Santanché e nomi alternativi come quello di Bertolaso, l’ex capo della Protezione Civile.
Alfano non ha mai abbandonato l’idea di un partito a vocazione centrista, una sorta di nuova Dc che il governo delle larghe intese potrebbe aver inaugurato, semmai le cose andassero male per lui nel Pdl e per Letta nel futuro Pd di Renzi. E non è detto che nuovi soggetti politici non nascano sulle ceneri del Pdl.
Comunque vada, da quella mattina, l’idea del partito unico del centrodestra sul modello americano, in grado di continuare l’esperienza berlusconiana anche dopo Berlusconi, è tramontata del tutto.
© Il Tempo, 19 Settembre 2013
A quel punto le cose cambiarono e le primarie del Pdl rischiarono di diventare una cosa seria: talmente seria che qualcuno decise di annullarle e in un partito senza regole non ci fu nemmeno bisogno di indire una riunione; si annullarono per sms.
Quella mattina, mentre 5000 persone invadevano via della Conciliazione per appoggiare la Meloni, a poca distanza, in un altro Teatro, quello Olimpico, qualche centinaio di militanti si recò a benedire il lancio di Italia Popolare, uno strano progetto politico messo in piedi da alcuni big del Pdl: c’erano Alfano, Lupi, Cicchitto, Quagliariello, Formigoni, l’allora sindaco di Roma Alemanno. L’obiettivo: costruire un polo “moderato” e centrista, alleato di Monti, che guardasse al di là del berlusconismo. Era un’Italia così popolare che si rivolgeva ai tecnocrati e ai banchieri, ma non al popolo. A quello tanto avrebbe pensato Berlusconi. Fatto sta che quell’iniziativa sembrò a molti nel Pdl, il tentativo di accantonare il leader storico.
Gli eventi dei mesi successivi fecero presto dimenticare quella mattinata di dicembre: le elezioni anticipate, la ridiscesa in campo di Berlusconi, lo scoppio del grillismo, la rielezione di Napolitano, il governo delle larghe intese, l’ennesimo ingresso a gamba tesa della magistratura nella vita democratica del Paese e le vicissitudini che legano il destino del Cavaliere alla fine di questa fase politica.
Eppure, in quella mattinata si consumò l’inizio della fine del Pdl. Solo che nessuno se ne accorse. Ma fu allora che si disegnarono gli scenari che ora vediamo più distintamente.
Oggi Giorgia Meloni è il leader di un piccolo partito, Fratelli d’Italia, che i sondaggi danno tra il 2 e il 4 per cento e gli analisti arrivano a vedere in una forbice potenziale compresa tra il 6 e l’8; tanto, di fronte alla frantumazione dello scenario politico e alla fine del bipolarismo incentrato su Berlusconi. Una leadership in ascesa e un movimento in crescita che ora sono di fronte ad una scelta: diventare una zattera per vecchi colonnelli in libera uscita, oppure realizzare un progetto di destra moderna liberal-identitaria.
Il Pdl sta diventando la nuova Forza Italia, anche se avrà poco in comune con quella del ’94; senza professori, senza il sogno della “rivoluzione liberale” e forse anche senza Berlusconi, il nuovo partito già vede la leadership di Alfano contestata e l’emergere di figure dirompenti come quella della Santanché e nomi alternativi come quello di Bertolaso, l’ex capo della Protezione Civile.
Alfano non ha mai abbandonato l’idea di un partito a vocazione centrista, una sorta di nuova Dc che il governo delle larghe intese potrebbe aver inaugurato, semmai le cose andassero male per lui nel Pdl e per Letta nel futuro Pd di Renzi. E non è detto che nuovi soggetti politici non nascano sulle ceneri del Pdl.
Comunque vada, da quella mattina, l’idea del partito unico del centrodestra sul modello americano, in grado di continuare l’esperienza berlusconiana anche dopo Berlusconi, è tramontata del tutto.
© Il Tempo, 19 Settembre 2013