LA CLAUSURA VIOLATA, il convento di S. Teresa di Borgo a Mozzano nei mesi terribili del 1944. Dal libro PRIMA DELLA LIBERTA', di Gabriele Brunini.
Le Carmelitane, dopo le vicissitudini delle soppressioni napoleoniche, erano giunte a Borgo a Mozzano nel 1821.
Al “Regina Carmeli” ho conosciuto le due ultime carmelitane borghigiane: suor Ancilla Maria della Croce (al secolo Dora Motroni) e suor Maria Gemma di Gesù Bambino (al secolo Maria Palagi) che, tante volte ho sentito vicine con il sorriso e la preghiera.
A suor Chiara ho chiesto se esistevano notizie sulla vita del Carmelo borghigiano nel 1944 e, dopo pochi giorni, sono stato chiamato dal Monastero e mi è stato mostrato un quaderno di scuola, di quelli con la copertina nera come usava un tempo, in cui una suora aveva annotato, con bella calligrafia, la “Cronistoria del Monastero A.D. 1943-1947”. Sono davvero tante le notizie contenute in quel documento prezioso, che meritano di sicuro un approfondimento e, magari, una pubblicazione specifica. Io, in questa sede, mi limiterò a citare i fatti salienti relativi ai mesi del 1944, quando la vita si fece davvero complicata per la gente del nostro territorio e, sicuramente, fu molto dura anche per le suore di un convento di clausura, come era quello di S. Teresa.
Le registrazioni sul quaderno iniziano il 19 ottobre 1943 raccontando la visita del Rev. Padre Provinciale delle Carmelitane che preannuncia la possibilità dell’arrivo di alcune suore del Monastero di Firenze, le più cagionevoli di salute, per consiglio dei superiori, devono lasciare la loro S. Casa, perché i pericoli della guerra aumentano di giorno in giorno e la città è fortemente minacciata. Forse le consorelle fiorentine verranno a Borgo a Mozzano, ma il Provinciale vede che neanche Borgo a Mozzano è esente dai pericoli, e che una fitta nube si addensa anche sulla nostra povera Valle e riparte senza aver preso alcuna decisione, ma rimettendo tutto al tempo e alla preghiera. A novembre la suora annota che continuano le preghiere per implorare la pace ed anche la Madre Priora, nonostante sia fortemente malata, vi prende sempre parte. Le suore recitano anche una preghiera rivolta ai tedeschi: Vi comandiamo nel Nome del Padre del Figliolo e dello Spirito Santo, della SS. Vergine Regina del Cielo e della terra, di partirvi di qui e di andare nella vostra terra senza farci alcun male.
A fine gennaio arriva in visita al Monastero don Amedeo Chicca, parroco di Massarosa, che fino a poco tempo prima era stato il rettore della parrocchia di S. Rocco di Borgo a Mozzano, territorio in cui si trova il Monastero. Don Chicca, sacerdote molto vicino alle Carmelitane, porta conforto spirituale ed aiuti materiali alle suore che sono in grande difficoltà. Il 2 febbraio 1944 entra nel Carmelo, come novizia, la borghigiana Dora Motroni, che ho conosciuto e a cui sono stato molto legato. Da parecchi anni – scrive la suora nelle cronache – ella desiderava di entrare nel Monastero, ma il Signore aveva disposto altrimenti… fece molto bene anche per noi, fu angelo benefico, perché si prestò molto a vantaggio del nostro Monastero, specialmente in questo periodo di guerra.
A maggio la suora annota: La natura è in festa, ma sulla povera Italia si addensa più che mai l’uragano scatenato dall’orribile guerra. Sotto il cielo sereno volteggiano gli aeroplani che apportano spaventi, desolazioni e stragi sulle nostre sventurate città e borgate.
A luglio anche al Monastero si comincia a parlare di sfollamento, perché le incursioni si succedono alle incursioni. Tra le possibili mete dello sfollamento si parla di Corsagna, ma poi si pensa che anche lì ci siano gli stessi pericoli di Borgo a Mozzano. Così il Proposto di San Iacopo di Borgo a Mozzano, mons. Albero Santucci, trova un possibile alloggio per le carmelitane a Ghivizzano Alto, presso un convento delle suore Francescane del SS. Sacramento. Anche a Ghivizzano non mancano pericoli, tanto che in quella struttura ci sono rimaste solo tre francescane, mentre le altre consorelle si sono rifugiate in paesi più lontani. Alla fine mons. Santucci e il Proposto di Pescaglia, don Francesco Simi, che delle Carmelitane era il Superiore, decidono che al momento, il posto migliore per noi è Ghivizzano, se proprio non si potesse restarvi penserà la Madonna a metterci al sicuro in altro paese. Il 25 luglio 1944 arriva l’ordine di sfollamento e mons. Santucci consiglia di non abbandonare del tutto il Monastero, dove rimangono sei suore, con il permesso scritto del Comando tedesco. La partenza delle altre avviene il 28 luglio, data indimenticabile e dolorosa, con un piccolo camioncino su cui trovano posto la Rev. Madre gravemente ammalata e cinque consorelle. Le accompagnano lo stesso Santucci e una suora francescana del Borgo che non vollero lasciarci sole in un viaggio così penoso. L’addio alle Sorelle rimaste è indimenticabile, lo strazio di lasciare l’amata clausura, non può comprenderlo che chi l’ha provato. Parecchie buone persone del paese si affollano intorno al nostro camioncino per prestarci il loro aiuto e darci l’addio doloroso, con la speranza di un pronto ritorno. L’ultimo tratto di strada per arrivare al convento di Ghivizzano Alto bisogna farlo a piedi, con la grande difficoltà di trasportare la Superiora gravemente ammalata. Sulla porta della S. Casa le cubitali parole “Istituto Immacolata Concezione” ci aprirono il cuore alla speranza. Era dunque la Vergine Immacolata che ci accoglieva sotto il suo Manto. Il parroco di Ghivizzano era per strada ad accogliere le suore, esortando i numerosi parrocchiani presenti a prestare aiuto e a portare quel po’ di roba che il camioncino era riuscito a caricare. Per le Carmelitane è un momento davvero difficile: sei sorelle sono a Ghivizzano, sei sono rimaste a Borgo a Mozzano e una, Suor Maria Rosa, è ricoverata da tempo al sanatorio di Pistoia perché malata di tbc. Anche a Ghivizzano, dopo la seconda notte, cominciano le incursioni alleate e le suore devono trascorrere le notti nelle cantine, ritenute più sicure. Ogni due giorni Dora Motroni, la novizia, andava a Ghivizzano per portare notizie e spesso con lei arrivava anche mons. Santucci. Di lui la suora, con riconoscenza, scrive: Fu lui che ottenne dal Comando tedesco un grande cartello scritto in tedesco, da attaccarsi al portone d’ingresso, per avvertire la soldatesca che il Monastero non doveva essere violato. Era lui che accorreva nei momenti di pericolo ad incoraggiare le Monache. Quante volte percorreva il lungo tratto di strada, dalla Parrocchia al Convento, sotto la pioggia della mitraglia e sotto il tiro del cannone! La SS. Vergine l’ha sempre protetto, ma i suoi passi sono segnati in Cielo e ne avrà un giorno prezioso ricambio. La cronaca parla poi dei bombardamenti che colpivano Borgo a Mozzano e della S. Messa che, quasi ogni giorno veniva celebrata al convento da un Padre Cappuccino della Croce Rossa Tedesca. Nella notte del 7 settembre le suore furono svegliate da colpi violenti. Erano i soldati tedeschi che cercavano di entrare in convento. Spaventate, suonarono le campane a distesa e si rifugiarono nella chiesina esterna, ai piedi del Tabernacolo, dove rimasero per diverse ore, spaventate, pregando. All’alba, non sentendo più alcun rumore esplorarono ogni angolo del monastero riscontrando che i soldati erano entrati solo nel chiostro e nell’orto e nulla avevano toccato. La mattina dell’otto altri due individui tentarono di entrare nel convento, ma la fermezza delle suore e di Dora Motroni riuscirono a far desistere i due, che tedeschi non erano, dalle loro brutte intenzioni. Per grazia del Signore quei due se ne andarono senza entrare.
In quei giorni tremendi, di notte, le suore sentivano battere e sfondare le porte delle case vicine, dalle quali asportavano quanto era dato di trovare, abbattendo pareti dietro le quali i poveri sfollati avevano riposto la loro roba migliore. Anche il monastero fu spesso violato dai soldati tedeschi, che si limitarono sempre a visitare le zone esterne dello stesso, lasciando in pace le suore.
L’11 settembre mattina però, il Comando tedesco venne a prendere definitivo possesso dei locali sotterranei del nostro Monastero, impiantandovi apparecchi radio telefonici. Una quarantina di soldati si accamparono parte in cantina, parte in altri locali del pianterreno, portandovi lettiere elastiche, sedie, poltrone, tavolini e quanto altro poteva loro far bisogno; tutte masserizie asportate dalle case e che poi nella fuga precipitosa lasciarono in parte da noi che abbiamo così avuto la consolazione di poter, a suo tempo, ridare la roba a chi credeva di averla perduta. Le Monache rimaste si ritirarono in una parte del Monastero, continuando, con sacrifici e disagi la vita regolare religiosa. Durante il tiro del cannone erano costrette però a scendere in cantina, in posto appartato. La S. Vergine nostra Madre pietosa vegliava però sopra le sue povere figlie che in Lei confidavano e che sono liete di poter dire di non aver avuto nessuna molestia da parte dei soldati, ché tutti ebbero il massimo rispetto verso le Religiose.
Ma la paura e l’apprensione era sicuramente tanta e così mons. Santucci ogni sera lasciava la canonica e insieme ad una persona che abitava vicino e che aveva la famiglia sfollata, passava la notte al Monastero.
Nei giorni successivi i pericoli aumentarono. Aeroplani da ricognizione volarono sopra Borgo, specialmente sul nostro Monastero. L’accampamento di numerosi soldati tedeschi e l’impianto fattovi era certamente noto, perché la nostra S. Casa fu presa di mira dal tiro del cannone. La notte del 17 settembre tre grossi proiettili colpirono parte del tetto, il noviziato e la terrazza. Alla mattina le monache che avevano passato la notte nei luoghi sotterranei furono consigliate da mons. Santucci di partire immediatamente per Ghivizzano. A Borgo rimasero Suor Maria Agnese e Dora Motroni, che però andarono a dormire alla Casa delle Suore Francescane in piazza del mercato.
Le suore dell’Istituto Figlie di S. Francesco erano sfollate a Sassi di Molazzana, dove ci fu un bombardamento che causò diverse vittime anche tra le suore. Ma non tutte erano sfollate ed alcune erano rimaste a custodire l’Istituto.
Il 19 settembre anche a Ghivizzano le suore subirono un tentativo di assalto al convento da parte della soldataglia tedesca. I soldati – scrive la suora – avanzarono fino al cortile, ma una forza superiore li fece tornare indietro. Il pericolo per noi era scomparso. Sia sempre benedetta la nostra Celeste Patrona! Vorremmo la voce degli Angeli e dei Santi per ringraziarla degnamente e cantare le sue misericordie.
Lo stesso giorno anche le ultime due Carmelitane rimaste a Borgo a Mozzano si congiunsero alle consorelle di Ghivizzano.
Il 28 settembre – annota nel quaderno la suora carmelitana – i tedeschi lasciarono Borgo a Mozzano e vi entrarono i Brasiliani. Il 5 ottobre i Brasiliani entrarono da liberatori anche a Ghivizzano, accolti con acclamazioni di giubilo dalla popolazione rimasta.
Il 6 ottobre alcune suore decisero di rientrare a Borgo a Mozzano per vedere in che condizioni si trovava il Monastero che, per grazia del Signore era sempre in piedi, un vero miracolo, perché era stato fatto bersaglio del tiro del cannone. Quando vi entrarono ne furono sgomente. Prima i soldati tedeschi, poi le truppe di colore che l’avevano occupato, avevano ridotti i locali a terreno a veri immondezzai. Non così al piano superiore, perché non sarebbe stato prudente l’abitarvi…Quasi tutti i vetri in frantumi, il soffitto di una parte del dormitorio sfondato, due celle molto danneggiate e inabitabili, il muro della terrazza crivellato e una parte del pavimento sfondato. Il noviziato poi, al terzo piano, in gran parte rovinato. Delle celle un mucchio di macerie, non più tetto, insomma c’era da sgomentarsi e nello stesso tempo bisognava riconoscere che per Misericordia Divina la Casa era ancora in piedi e in gran parte abitabile, perciò dai cuori delle Monache si sprigionavano lodi e ringraziamenti al Signore e alla Vergine benedetta, che non avevano permesso la distruzione del nostro Asilo di pace.
Durante il mese di ottobre le carmelitane cominciarono a rientrare al Borgo e il 1 novembre, festa di tutti i Santi rientrava nel Monastero anche la Madre Priora, che per la sua malattia, fu trasportata da Ghivizzano con una ambulanza della Croce Rossa.
Il tempo della paura era finito, la vita riprendeva con grandi difficoltà nella serenità della preghiera e dell’ amata clausura.
Gabriele Brunini
Testo pubblicato in occasione della festa di S. teresa d'Avila - 15 ottobre 2024